• Paratiroidi

    Le paratiroidi sono delle ghiandole, genericamente 4, di piccole dimensioni localizzate a due a due lateralmente alla tiroide. La loro funzione principale è quella di secernere un ormone, detto paratormone o PTH, che regola il livello del calcio nel sangue. In particolare il PTH è un ormone ipercalcemizzante che influisce quindi nel rilascio del calcio in circolo.
    La patologia di interesse chirurgico coinvolgente più comunemente le paratiroidi è l’iperparatiroidismo primario.

    Iperparatiroidismo primario
    E’ una condizione caratterizzata da una iperincrezione di PTH e conseguente aumento del calcio serico. La causa principale è l’adenoma di una paratiroide (80 – 85% dei casi). L’adenoma è un tumore benigno ma in questo caso il trattamento è richiesto a causa della sua funzione secretrice.
    La terapia d’elezione dell’iperparatiroidismo primario è chirurgica. L’intervento deve esssere eseguito in tutti i pazienti, sia sintomatici che asintomatici, i quali se non trattati svilupperebbero manifestazioni cliniche entro 10 anni nel 25% dei casi.

  • Surreni

    I surreni sono ghiandole poste alla sommità di ciascun rene. Sono costituiti da due zone istologiche, la corticale e la midollare surrenalica, con distinte funzioni ghiandolari. La corticale secerne ormoni detti mineralcorticoidi e glicocorticoidi implicati rispettivamente nelle regolazione degli eletrroliti e dei glucidi nel sangue. La midolare surrenalica è adibita alla sintesi e secrezione delle catecolamine e dei loro precursori.

    Le patologie dei surreni più comuni che richiedono un approccio chirurgico sono le seguenti:

    Feocromocitoma: è un tumore a comportamento spesso benigno che si caratterizza per la secrezione di derivati delle catecolamine in grado di sostenere crisi ipertensive anche letali. Per tale motivo ne è consigliata l’asportazione che tuttavia prevede una attenta prevenzione introperatoria delle possibili complicanze ipertensive che possono insorgere durante la manipolazione del tumore.

    Metastasi surrenalica da altri organi: in casi selezionati la singola metastasi surrenalica da tumore primitivo di un altro organo (es polmone) non è una controindicazione assoluta al trattamento chirurgico. In questi casi è necessario contemplare sia la resezione chirurgica del tumore primitivo che della metastasi surrenalica.

    Iperaldosteronismo primitivo: è una condizione dettata dalla ipersecrezione di aldosterone da parte di una neoplasia surrenalica. Più spesso la causa è un adenoma, raramente un carcinoma. L’indicazione chirurgica si ha quindi solo nelle forme primarie quando l’asportazione della neoplasia secernente garantisce la soluzione del quadro

    Sindrome di Cushing: è una patologia caratterizzata dalla ipersecrezione di glicocorticoidi da parte di un adenoma po carcinoma surrenalico. Da distinguere dal morbo di Cushing dove liperesecrezine è secondaria alla presenza di un adenoma ipofisario secernente. La terapia chirurgica prevede l’asportazione della neoplasia surrenalica secernente

    L’intervento chirurgico, a seconda delle caratteristiche anatomiche, può essere eseguito per via laparotomia con accesso addominale o lombare e per via laparoscopica. La scelta operativa deriva dall’attento studio del singolo paziente.

  • Tiroide

    IPERTIROIDISMO E GOZZO
    L’ipertiroidismo è una sindrome caratterizzata da una eccessiva concentrazione di ormoni tiroidei sierici. E’ una patologia molto frequente in Europa, Asia ed Africa e colpisce prevalentemente le donne.
    Può presentarsi in due forme diverse a seconda della sede di iperplasia della ghiandola: il gozzo tossico diffuso ed il gozzo tossico nodulare.
    La valutazione e la diagnosi si basano essenzialmente sui segni clinici e successivamente sugli esami ematici di laboratorio (funzionalità tiroidea), ecografia tiroidea e scintigrafia con radioiodio. Inoltre in caso di un nodulo di natura dubbia è indicato un ago aspirato tiroideo solitamente eseguito sotto guida ecografica.
    La terapia dell’ipertiroidismo è inizialmente farmacologica basata sull’utilizzo di tireostasici. Farmaci che bloccano la sintesi degli ormoni tiroidei interferendo con la loro sintesi.
    Le indicazioni chirurgiche alla asportazione della tiroide (tiroidectomia) od a parte di essa (emitiroidectomia) sono:

    Nell’adenoma tossico (gozzo nodulare)
    Nei casi di gozzo multi nodulare se lo struma è voluminoso od ha estensione retro sternale
    Nei bambini
    Nelle donne in gravidanza
    In presenza di un nodulo sospetto per trasformazione maligna
    In pazienti che non tollerano il trattamento farmacologico

    IL NODULO TIROIDEO SOLITARIO
    Si può definire come una aberrazione della crescita delle cellule follicolari tiroidee e corrisponde clinicamente, qualora apprezzabile alla palpazione, ad un aumento di volume circoscritto della tiroide mentre, all’esame ecografico, si presenta come un’ area focale distinta dal tessuto tiroideo normale. In maniera pressocchè analoga al gozzo multinodulare, la supplementazione iodica svolge un ruolo protettivo, anche se i fattori genetici probabilmente rappresentano i meccanismi fondamentali della loro patogenesi; la prevalenza aumenta con l’età e la donna risulta piu’ frequentemente affetta (rapporto Femmina: Maschio = 6:1). I dati epidemiologici su casistiche autoptiche hanno mostrato la frequente presenza di noduli “solitari” in soggetti senza patologie tiroidee clinicamente rilevanti in vita, mentre mostrano che soltanto 1 su 10 è clinicamente palpabile e quindi l’approccio ecografico rappresenta l’esame gold standard, irrinunciabile al fine di effettuare una accurata diagnosi. Sulla base delle caratteristiche cellulari vengono distinti in:
    Non Neoplastici (iperplastici e infiammatori)
    Neoplastici: Benigni (adenoma) e Maligni (carcinoma e linfoma).
    Il riscontro di un nodulo tiroideo impone la necessità di escludere la presenza di un carcinoma che, sebbene relativamente rari rispetto alla elevata frequenza della patologia tiroidea benigna, possono indovarsi nel contesto di una tiroide “sana”: lo studio citologico mediante agoaspirato eco-guidato offre un orientamento al clinico ponendolo nella condizione di diagnosticare in maniera pressocchè semplice, agevole e con una procedura generalmente ben tollerata dal paziente, l’eventuale presenza di cellule tiroidee maligne.
    Controversa risulta l’efficacia della terapia medica soppressiva con levo-tiroxina da somministrare eventulamente solo dopo avere effettuato lo studio citologico della lesione tiroidea. La rimozione chirurgica – tiroidectomia – e successivamente l’esame istologico consentono di confermare l’eventuale sospetto clinico, ma soprattutto citologico, dei cosiddetti casi “indeterminati o Proliferazione follicolare” cioè che possono all’esame citologico essere ascritti ad entità patologiche sia benigne che maligne

    I TUMORI TIROIDEI
    Nell’ambito della Comunità Europea i tumori sono la causa di 726.000 morti all’anno e si pongono al secondo posto, dopo le malattie cardiocircolatorie, come affezioni con esito letale. I tumori differenziati della tiroide rappresentano circa l’1% della totalità della patologia neoplastica maligna e sebbene relativamente rari rispetto all’elevata incidenza del gozzo nodulare, costituiscono ogni anno in Europa la causa di circa 3000 decessi.
    Nell’ultimo decennio, grazie al perfezionamento delle metodiche diagnostiche (ecografia, citologia agoaspirativa ecoguidata, immunocitochimica e immunoistochimica), sono stati raggiunti notevoli progressi, in termini miglioramento dei parametri di sensibilità e specificità, nella diagnosi delle neoplasie tiroidee. In particolare, attraverso l’impiego di specifici anticorpi monoclonali, è risultata più agevole la caratterizzazione delle lesioni citologiche note con il termine di “proliferazioni follicolari” (espressioni, in citologia, di patologia neoplastica tiroidea potenzialmente sia benigna che maligna) e nel contempo, è stato possibile esprimere con maggiore cautela e precisione, la diagnosi istologica di specifici subsets di difficile interpretazione. L’approccio preoperatorio, mediante il ricorso a marcatori immunocitochimici, ha comportato, per un verso, una tendenza alla riduzione del numero di interventi chirurgici “superflui” per patologie tiroidee benigne (nel caso di negatività di specifici markers molecolari quali HBME1, Galectina-3 e Citocheratina 19) e per un altro verso ha migliorato, rilevando la presenza di specifici antigeni coinvolti nell’oncogenesi tiroidea, l’accuratezza diagnostica delle “proliferazioni follicolari” rilevatesi, all’esame istologico, neoplasie maligne.
    Pur tuttavia, negli Stati Uniti, i tumori tiroidei sono responsabili di un numero di circa 1200 morti/anno ed il costo associato con l’identificazione e il trattamento di tali neoplasie è tuttora rilevante. L’identificazione precoce di patologie tumorali, rappresenta nella pratica del clinico, un fondamentale parametro prognostico, inteso come stadiazione della malattia e quindi come tasso di mortalità cancro-correlata. Difatti, laprecocità della diagnosi impone al clinico la necessità del ricorso all’intervento chirurgico di tiroidectomia totale (e di eventuale linfoadenectomia dei comparti latero-cervicali, paratracheali o sovraclaveari) che, effettuato tempestivamente e radicalmente, rappresenta, assieme al timing della diagnosi, fattore prognostico indipendente capace di influenzare la prognosi e il successivo follow-up.

    FOLLOW-UP DEL PZ. DOPO TIROIDECTOMIA TOTALE PER GOZZO BENIGNO
    La tiroide è un organo fondamentale per la vita; fortunatamente è possibile, con i farmaci a disposizione, sostituire in maniera perfetta la funzione della ghiandola mediante somministrazione di tiroxina, sostanza sintetizzata in laboratorio e identica all’ormone naturale.
    La quantità di farmaco necessario è proporzionale al peso corporeo del soggetto; è comunque relativamente facile stabilire la dose. In seguito è necessario eseguire, ogni sei-dieci mesi circa, una valutazione ormonale per assicurarsi che la posologia sia sempre corretta.
    Il paziente privo di tiroide, in terapia sostitutiva, può svolgere una vita assolutamente normale: può praticare attività fisica, anche agonistica; le donne possono regolarmente avere gravidanze.
    Talvolta, dopo l’intervento di tiroidectomia totale, residua una condizione di ipoparatiroidismo. Questo è dovuto all’asportazione delle ghiandole paratiroidee insieme alla tiroide. Di conseguenza l’organismo è incapace di mantenere normali livelli di calcio nel sangue con conseguente riduzione della capacità di trasmettere un normale impulso dai nervi ai muscoli; il sintomo clinico più evidente, in questo caso, è la tetania, cioè la comparsa di spasmi muscolari, localizzati ad alcuni distretti o generalizzati. In tale evenienza è necessario assumere farmaci che sostituiscano la funzione delle paratiroidi, come la vitamina D e il calcio.

    FOLLOW UP DEL TUMORE TIROIDEO
    Dopo l’intervento di tiroidectomia totale il paziente è ipotiroideo; è necessario pertanto iniziare il trattamento sostitutivo con ormone tiroideo. E’ inoltre indispensabile valutare se è rimasto tessuto tiroideo e in caso positivo, quanto ne è rimasto, per poter programmare il trattamento con radiojodio per eliminare (siderare) il tessuto residuo.
    La scintigrafia va eseguita circa quaranta giorni dopo l’intervento; perché l’eventuale residuo tiroideo sia in grado di “captare” il farmaco che darà l’immagine alla scintigrafia (“tracciante”) è stato finora necessario eseguirla su paziente ipotiroideo; ciò provoca l’insorgenza dei sintomi da ipotiroidismo, che in parecchi casi possono essere debilitanti. Da alcuni anni è disponibile una nuova metodica, fondata sulla somministrazione di un farmaco (TSH ricombinante), che rende possibile eseguire l’esame continuando ad assumere la terapia con ormone tiroideo ed evitando pertanto i disturbi arrecati dall’ipotiroidismo.
    Dopo la scintigrafia è possibile somministrare lo jodio radioattivo, che, con meccanismo già descritto serve a distruggere (“siderare”) quanto resta della tiroide.
    Soltanto successivamente a questa terapia si può , con un esame scintigrafico di tutto il corpo (scintigrafia total-body o whole-body) valutare la presenza di eventuali metastasi in altri organi, che in questo caso captano il tracciante radioattivo.
    Il radiojodio ha bisogno di alcuni mesi per distruggere le eventuali metastasi; è per questo motivo che bisogna ripetere, a distanza di un anno circa dalla prima somministrazione, un ulteriore esame scintigrafico.
    In genere i controlli vengono eseguiti annualmente, per cinque anni; trascorso questo periodo il paziente libero da metastasi viene invitato a controlli meno frequenti.
    Altro punto di fondamentale importanza, nel follow-up dei tumori della tiroide, è la valutazione dei valori di tireoglobulina sul sangue; questa sostanza, precursore degli ormoni tiroidei, viene sintetizzata esclusivamente dalle cellule della tiroide. La sua presenza nel sangue indica pertanto che non tutte le cellule tiroidee sono state eliminate.